Jules Laforgue – Ultimi Versi
Arrivati ora, Laforgue e i suoi ultimi versi a cura di Francesca Del Moro, collana La Costante di Fidia diretta da Sonia Caporossi. Disponibile in libreria, sul sito della casa editrice, IBS, AMAZON, Mondadori store.
Arrivati ora, Laforgue e i suoi ultimi versi a cura di Francesca Del Moro, collana La Costante di Fidia diretta da Sonia Caporossi. Disponibile in libreria, sul sito della casa editrice, IBS, AMAZON, Mondadori store.
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Quando scarichiamo la carne in macelleria
la sequela delle carcasse sembra un corteo funebre.
La pausa tra la carne e il mondo si è ridotta
e tra il cielo e la macelleria c’è un punto di svolta.
L’operaio più robusto trasporta sulle spalle
la carcassa più pesante come un cristo
crocifisso durante una via crucis rovesciata.
Esposti i corpi nel banco frigo:
Bollo Sanitario, Peso Netto, Specie, Taglio, Lotto.
Nessun animale che sia degno di lutto.
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Ancora cosciente mi rivolti vivo nella vasca,
l’acqua bollente rende tenera la morte.
Un paio di minuti è il tempo che ci vuole
per far puzzare il cielo.
Il porco dopo di me non sa nuotare,
gli basterà un secondo per farsi trasformare
nel bianco del carcame scolorito.
Un braccio meccanico mi spinge giù in fondo
nel mare sospeso di rosso.
Il porco ha gli occhi fissi su di me che…
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La nostra redattrice Eleonora Daniel ha intervistato Alida Airaghi, in libreria con “Rime e varianti per i miei musicanti” (Marco Saya edizioni, 2020).
“Con un forte realismo, permette al lettore di vivere gli stessi momenti che gli animali, loro malgrado, vivono nel momento in cui sono catapultati nella discarica della morte” (Giuseppe Dimiccoli)
GIACOMO LEOPARDI – L’INFINITA SOLITUDINE – ANTOLOGIA RAGIONATA DELLE POESIE a cura di SONIA CAPOROSSI
Sebastiano Timpanaro ci avverte che «l’attualità del
Leopardi è l’attualità di un classico», nel senso che
«non ha mai sacrificato il significato al significante,
non è stato mai poeta di pure immagini o di puri
suoni, non ha mai rinunciato a fare della sua poesia
o prosa d’arte uno strumento conoscitivo: da questo
punto di vista, non è un contemporaneo e va letto
“storicamente”». Il cantore dell’infinita solitudine
è, insomma, un inattualissimo attuale: «chi si sente
suo contemporaneo (non solo ammiratore ma “seguace”)
deve avere la consapevolezza di trovarsi in
una posizione di minoranza, nonostante il frastuono
ingannevole dei congressi […] e la plètora della
bibliografia». E come tale, noi ultracontemporanei
abbiamo il dovere di avvicinare, di leggere, di restituire
il Conte Giacomo a ciò che, nobilmente, grandemente
e solamente gli spetta. (Sonia Caporossi)
La parola infinito nella poesia del Recanatese […]
è come un’astrazione sfumata che caratterizza e
definisce anche gli enti “non quanti” (direbbe il
Galilei della nuova scienza matematica-fi sica, così
presente nelle letture di Leopardi), sebbene diverso
appaia il livello di realtà e diversa la funzione. Sì che,
allora, con una lettura che prefigura l’a-venire, all’Infi
nito di Leopardi non potrebbe non essere applicata
(due negazioni nella logica classica affermano per
assurdo!) anche la formalizzazione “0 ↔ ∞” (↔:
se e solo se): il «Sempre» e il «di là di quella» del pensiero
leopardiano. (Antonino Contiliano)
ALIDA AIRAGHI - RIME E VARIANTI PER I MIEI MUSICANTI
Macerie, detriti, frammenti: amabili resti su cui T. S. Eliot costruiva il suo The Waste Land (1919),
punto di avvio di un percorso poetico del Novecento.
E sono frammenti – parole, la parte di un verso – anche quelli intorno a cui Alida Airaghi
compone i suoi Omaggi (Einaudi, 2017), brevi poesie in ciascuna delle quali c’è un prelievo
da tredici autori del Novecento italiano, da Gozzano a Pasolini, da Saba a Pagliarani,
da Montale a Penna e Caproni. Ora, però, lasciati da parte i poeti laureati, lavora sui testi di canzoni.
La nuova raccolta si intitola Rime e varianti per i miei musicanti, dove l’accento cade sull’aggettivo «miei»,
che dichiara un legame affettivo con una musica e un periodo carichi di ricordi ed emozioni.
Certo, il gesto di Alida Airaghi costituisce un’eccezione nel nostro panorama letterario
dove vige ostinata la sottovalutazione delle canzoni (le «canzonette»), i cui echi, s
e anche fortemente presenti nel vissuto di ciascuno di noi, solo rarissimamente ispirano i poeti.
(Ranieri Polese)
JULES LAFORGUE – ULTIMI VERSI a cura di FRANCESCA DEL MORO
Jules Laforgue il ricorso all’anarchia linguistica
e stilistica nonché, negli ultimi anni, alla disarticolazione
delle strutture metriche tradizionali fu una
dichiarazione di unicità umana e poetica, una vera
e propria liberazione della poesia dai suoi vincoli,
un esempio che altri seguiranno negli anni a venire.
Eppure, egli viene tuttora considerato, tra i poeti del
suo tempo, al massimo come il “maggiore tra i minori”,
probabilmente perché ancora oggi resta valida
l’affermazione del critico americano Robert Ralph
Bolgar: “Leggi le poesie o i racconti di Laforgue
senza la dovuta attenzione e quasi certamente non ti
piaceranno […] contengono più novità di quante la
mente possa accettare senza uno sforzo consapevole”.
(Francesca Del Moro)
Perché, negli anni Venti del XXI secolo, tradurre
in italiano i Derniers Vers di Jules Laforgue? C’era
almeno una ragione oggettiva per farlo: l’assenza,
nella nostra lingua, di una loro versione completa.
Diverse poesie della raccolta postuma sono state tradotte,
certo: un paio tra le Poesie e prose curate da
Ivos Margoni (1998), qualcuna in più nelle Poesie
raccolte tempo prima da Luciana Frezza (1965) e
in quelle presentate e tradotte da Enrico Guaraldo
(1986). Vari testi, tuttavia – per quanto mi è dato sapere
– si trovano per la prima volta da questo lato
delle Alpi. Se la completezza non fosse in sé una
ragione valida (secondo me lo è), c’è un secondo
aspetto da tenere in considerazione. Si tratta della
forma delle traduzioni esistenti fino a oggi, una forma
insoddisfacente (non tanto o non solo per mancanze
oggettive delle versioni precedenti, quanto per il
partito preso di entrambe; ma ci torneremo) e che
sembrava chiamare a gran voce una ritraduzione
anche per ciò che già era stato portato in italiano.
(Fabio Regattin)
TEODORA MASTROTOTARO – LEGATI I MAIALI
Raramente in poesia è accaduto che un argomento come lo
sfruttamento animale sia stato approfondito attentamente.
Fu il caso del fortunato libro di Ivano Ferrari,
Macello, racconto in versi di un’esperienza crudissima
vissuta in un mattatoio. Ed è anche il caso di questo
secondo libro di Teodora Mastrototaro,
dal titolo Legati i maiali. Con le dovute e ovvie differenze,
l’autrice di origini pugliesi attraversa un’esperienza simile a
quella di Ferrari, muovendo però le due sezioni del libro in
altrettanti momenti dove sono inizialmente gli stessi animali
a parlare del proprio dolore, e di seguito i loro carnefici.
E se la scrittura della Mastrototaro affascina per il suo variare
tra un’esecuzione più statica alternata a momenti di vera e
alta passionalità espressiva, ciò che più sorprende in questo
libro è la pulsione di ogni animale alla vita, vissuta
per istinto e condotta interferendo il meno possibile,
o quanto meno inconsapevolmente,
sul ciclo vitale dell’intera esistenza.
Al contrario dell’essere umano che, pur vivendo,
non sa fare a meno di provocare in se stesso e negli altri
la morte in cambio di una voluttà oramai accessoria
e demoniaca, quale quella del sacrificio
della vita in cambio di un “appagamento” personale.
È questo il messaggio più importante di un libro di denuncia
del genere: che la vita resti alla vita e che la morte non sia un
esercizio voluto dall’uomo ma solo il destino di ogni essere
vivente.
(Antonio Bux)
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