1) Bruno Lugano – Nel rovescio del perdono
Che sera morbida e chiara
non fa venire voglia di vivere
ma di non morire mai sì
e io devo stare qui
a sentire tutto ciò che sento
e a vivere tutto ciò che vivo
per essere poi escluso per sempre
da tutto ciò che ho sentito
e che ho vissuto
da tutto l’universo che preme su di me.
2) Andrea Gruccia – Capelvenere
Vorrei avere la pazienza dei tigli
che spargono il loro odore
una volta all’anno,
ma non sono un vegetale,
non voglio attirare insetti
mentre tu dormi e io sono così sveglio
il mio sole è una lampadina,
non ho la calma degli alberi
che si fanno fare a pezzi
per dei libri di poesia.
Non ho la calma delle poesie calme,
delle persone calme
che scarabocchiano fogli
per le diagnosi,
o fanno le code ai supermercati.
Vorrei scrivere poesie cannibaline
che mangino certe poesie d’amore,
quelle che poi leggono le persone
che ti fanno a pezzi.
3) Simona De Salvo – La camiceria brillante dei miei anni
Ero seduta nella tua cucina, quella sera
tu eri seduto dentro di me, sul trono materiale
io ero seduta dentro di te, sul trono metafisico.
Ascoltavamo i vicini cantare
sdraiati in veranda, sul loro dondolo materiale
mentre la luna camminava
intorno alla stanza
con la sua forza metafisica.
C’era un western in televisione e
sul pavimento le bollette e sul fornello
il cielo e nel cielo
un’assoluta mancanza di risposte.
Ed era così naturale.
Intorno a noi, i libri della Švarc di Adrienne Rich
e i resti della cena.
Tutto il cosmo materiale era lì davanti.
Ed io pensavo all’amore.
4) Giorgia Meriggi – Riparare il viola
Tu contali i cipressi accomodati
da potature a cono, assecondare
il limite di questo cimitero.
Veniamo qui a criticare l’edera
a divorare i nomi, a procurare
gemiti alla ghiaia, qui troppo bianca.
Io me ne devo andare. Non sopporto
il pianto dell’intonaco, l’odore
di canfora di tutte queste ali.
5) Antonio Bux – Sativi
Dopo aver chiuso ai monti
la strada maestra,
il cervo vide i suoi occhi
mutati, i suoi occhi colorare
i canneti. E la strada
ora allieva, di colpo prese
a mutare altre vie, dove apparvero
cervi immutabili, tra i canneti
con gli occhi ancora umani
aprirsi al sì dei monti.
Ma io che scrivo poesie
non so mutare, e sono uomo
con occhi di cervo
mentre leggo l’impossibile strada
e dietro di me il canneto
già allievo. Quanto coraggio
per mutare in un sì, e per
renderlo chiuso, dice il maestro
ora cervo lontano quanto questa poesia
che da sola scompare.
6) Lalli – Nevicherà sula mare
I giorni si passano
da una voce all’altra.
Una lettera mai spedita.
Una lettera mai aperta.
Un abito leggero che non si usa più.
Un sorriso all’ombra di un rimpianto.
Apri le braccia,
amore da incontrare.
Apri un tempo appena,
amore della schiena.
Strappa le reti e aspetta,
nevicherà sul mare.
7) Davide Romagnoli – El silensi d’i föj druâ
Parlà del nient, intênd el nient
e vardà tüti i fàcc del noster vèss:
curiandul del vent apèna passâ
slisâ via in svelt n’i curtil di noster cà…
Un para de föj slüngâ de’n rifless,
reful de vent de ‘na quaj marea,
brüsâ come castagn in d’un sidèl
fümen Nuember e giurnaj de ier l’alter,
intant che capissum ‘me druà el fià
e i culur che ghè resten per pitürà
i pagin del noster dumandà amò
e fin a la fin se ghèm de dì
per viv insema a tütt quel che passa
e che’l passarà, forsi, anca de chi.
Parlare del niente, comprendere il niente / e osservare tutte le facce del nostro essere: / coriandoli del vento appena passato /scivolati via veloci nei cortili delle nostre case. / Un paio di fogli allungati da un riflesso, /soffio di vento di una qualche marea /bruciati come castagne in un secchio / fumano Novembre e giornali di ieri l’altro, / intanto che capiamo come usare il nostro fiato /e i colori che ci restano per pitturare /le pagine del nostro domandarci ancora /e fino alla fine cosa abbiamo da dire / per vivere insieme a tutto quello che passa /e che passerà, forse, anche di qui.
8) Valentina Murrocu – La vita così com’è
Tre quasi i mesi
e non ti fanno scudo le mani non
ti tacciono la mia assenza forse
ignori cosa animi me o quale
dubbio mi schiuda il giorno; ma
finché sorge il sole dietro
i mattoni – un’antinomia
nuova mi dissangua e non
conosce tregua – guardami attraverso
il vetro non essere più: se tu vi fossi
e ancora te mio sentissi
nelle cose che non
ho visto e mi aprono una mancanza – giardino
cancello ghiaia, quasi
casa – conteresti i tuoi torti e non
mi colpiresti a morte – è questa
scritta già nell’atto del nominare – non
mi diresti e non nasconderesti
a te l’angoscia. Eppure indica me e pone
in me fiducia lo spettro dell’uomo
che ti neghi e non so condannare purché
sia lo stesso esistere e commettere
ingiustizia; ma tu non
vivi.
9) Letizia Di Cagno – Urla la fine che pianta germogli
Quanto mi tocca da vicino
la scoperta del mondo!
Io sono un improvviso sciame
che strimpella, ai piedi della tua dinastia
felice. Sopravvivo a sorsi
alla carezza. È la tua;
perché decido l’amore
come la realtà che sente la marmotta
nel centro della sua silenziosa
buca. Affondo le dita in una cera
che non ustiona – a quest’ora
cantano i fiori, il tempo
si preannuncia come garante
della Bellezza.
Sento la fine
sgranocchiare il mio pranzo.
10) Gino Giacomo Viti – Charlie
Non verrai quest’oggi a seminare
la stanza che ci univa. Un pugno
di polvere, d’uva, saprebbe fare
del cerchio un’urna, ma non ritorna
l’ombra di Settembre a ricordarti
che è tempo – È Tempo! – di raccolta.
Stavolta, Charlie, sento il tuo congedo
ed è stretto, un lamento mai giunto
in questo paese – non mi hai detto
quel che sapevo ascoltare – Parli
ai fuochi dei tuoi giovani boschi
o ammutolisci in riva ad un fiume?
Sei il Lago alla gola, il Lago
alla tempia, il Lago alla testa.
Sai, eterno vorrei il tuo ritorno.
11) Gabriele Galloni – L’estate del mondo
Seguii l’amica dietro la sua casa;
dove a sprofondo la valle arrivava
giù fino ai margini dell’autostrada;
ci inoltrammo nell’erba che più rada
ai piedi tutto il sogno disvelava:
l’amica mi indicò, chiuso da piccole
pietre arancioni, un altrettanto piccolo
mare. Mi disse: guarda la marea,
l’onda che sale.
E rimanemmo lì. “In contemplazione,”
scherzò l’amica. L’acqua alle caviglie.
Più lontano Corviale; il Serpentone.
12) Giuseppe Todisco – Si prega girati di schiena
Saperti viva tra i rami
adesso che viene
il gelo – Artemide,
l’età dei faggi si incide
negli occhi.
I tuoi risalgono la corrente
fino a sorprendere gli orsi.
Ma tu non hai idea
di ciò che avviene
al di là dei tuoi boschi.
Adesso che viene il gelo,
i nativi spargono sale
davanti alle porte.
Saperti eterna tra i rami
adesso che ti conosco
– Artemide, l’età degli uomini
coincide con gli occhi.
13) Sergio Bertolino – La sete
Credi a me, qualunque strada s’imbocchi
basta un abbaglio: quel rito – sempre lo stesso –
che tolga la cera fredda da sotto gli occhi.
Un po’ come resistere, prepararsi
un letto piano tra le ortiche
perché frani l’inverno e trasfiguri,
e soffino i vetri dai colli accesi
per la tristezza musicale dei barconi.
Resto l’uomo che guarda fisso il vuoto
dai ponteggi, che pensa
nulla di questa febbre andrà risolto.
Resto chi non sputa fuoco a margine
di un foglio, scrive di giorno
e perciò non sa realtà al di fuori
del deserto. Ma stamane rido mortalmente
con le scimmie. Mi ripeto, mi abbaglio.
E tu non conosci il mio nome;
dormi ancora tredicenne – celata
ai guasti della luce – sulle panche
dove siedo a sistemarmi i capelli
e a domandarmi se sarà fieno il tempo, se
soffro per sollevarmi o farmi neve.
14) Teodora Mastrototaro – Legati i maiali
Sfreghi la papilla dolorante.
Cambi posizione al capezzolo teso
cresciuto sulla pelle dal molle del callo.
Qui la caccia al latte è per il tuo nutrimento.
Non rispondo se non con un belato piagnisteo:
questa mia stupida voce, voce comune di pecora.
Nella morsa di una mano mi scuoti per bene in attesa
di essere pressata aspirata sono munta ammanettata
come macchina ma sono madre ammanettata
aspirata sono munta ammanettata tra l’angolo
del fianco e l’uomo predatore. Non è mai
uguale una mamma animale, mi lascio
annegare nel secchio di latta dove
il latte prelevato si ristagna.
15) Marco Melillo – Nuova canzone felice
Api in volo come magiche operaie
a piccoli salti suoni d’ambra di una pala
docilmente dimenata nel giardino
lidi vuoti posidonie rinsecchite
che attraversano a brandelli il litorale
scogli chiari melarance vieni qui
e qui pure scopri che non si può mai vedere
tutto fermo se non nella tua sembianza
e senza specchio: solo le parole
che nemmeno tu risparmi e pensi in volo
perché in volo ti vorresti insieme ai frutti
dentro i segni di quest’opera
ma neanche questo è tuo.
Viaggia sopra e accanto
l’orologio tempestoso della terra
con i suoi giorni a scadenza
da che le facciamo guerra.
Circondate amici se potete
il fortunale, non c’è più nessuno
che protegga il mare.
16) Paolo Pitorri – Abbiamo discusso dell’aldilà
Oggi Orione parla agli analfabeti –
il cielo è un pane antico dalla crosta bianca.
Una donna in lontananza sventola tre spighe di grano.
Truccata di campagna abbaia alla periferia
e miete, miete per il primo giorno del mondo.
“Nevermore. Poesie di un Altrove” di Edgar Allan Poe a cura di Raffaela Fazio è la raccolta di 25 poesie, fra cui le famose “Il Corvo”, “La Valle dell’Inquietudine”, “Il Verme Conquistatore”, “Annabel Lee”. Si propone in lettura dal 27/11 con #MondoDiVersi /Poe in collaborazione con @SayaEdizioni