Marco Saya
Un passato da informatico e una vita parallela presente che trascorre tra un grande amore per il jazz, la scrittura poetica e una neo casa editrice. Sono nato a Buenos Aires da papà siciliano e mamma romagnola. A tre anni sono stato dirottato a Rio de Janeiro per 5 anni. Quando sono arrivato a Milano parlavo solo lo spagnolo e il portoghese, l’italiano lo masticavo a malapena tanto è vero che una “simpatica” maestra mi voleva cacciare dalla scuola e, poi, come se non bastasse, ero anche un maledetto mancino extracomunitario, così mi apostrofava! Durante questi lustri, dopo il diploma al liceo classico Giovanni Berchet e una lunga frequenza universitaria presso la facoltà di Ingegneria Elettronica mi sono dedicato per anni al jazz come chitarrista professionista, alla poesia con diverse pubblicazioni e collaborando con diversi siti letterari. Adoro leggere e ricercare la caratterizzazione nella scrittura e questo sarà anche il mio obiettivo come editore, pubblicare ciò che mi sembra degno di nota nell’articolata partitura del versificare poetico.
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Recensione a cura di Luigi Metropoli
«… e i luoghi di concentrazione nell’era democratica»*: Situazione temporanea di Marco Saya.
Un qualsiasi libro che si apre con una domanda – anche di poesia – dovrebbe quanto meno lasciare supporre un tentativo di risposta, sapendo benissimo che oggi la risposta è precaria, è ‘temporanea’, non racchiude in sé la verità. Marco Saya esordisce con un «dove vai?»: a chiederlo era la madre. «Ancora non so», dopo vent’anni è la sola risposta che il poeta sa dare. Beninteso, qui non c’è nessun compiacimento nel crogiolarsi in istanze nichilistiche. La raccolta poetica di Marco, argentino di nascita, milanese di adozione, intesse un disegno complesso per aggirare luoghi comuni, incasellamenti, categorie, riuscendo sempre con un gioco di prestigio a rimandarti più in là, a slittare di continuo. Quell’«ancora non so» è una cifra stilistica e non una posa. È un temporeggiare che fa dell’ironia la strategia (più che l’artificio) retorica che regge l’impianto dell’intero libro. Non può ancora rispondere Marco perché la quotidianità (che quasi può tramutarsi in quella quotidianeità, come l’ipostatizzava Dario Bellezza) ha nella sua routine una variazione sistematica e inafferrabile (come in un ritmo jazz che non nascostamente è la partitura da cui Saya trae ispirazione per i suoi versi), è preda di una cronica casualità che pure si ripropone ad ogni passo. Il libro si legge quasi come un romanzo, è un’epica contemporanea della città di Milano (ridotta a larva ectoplasmatica di se stessa, fino ad un’invisibile ed impossibile città calviniana: Milania), un’epopea di un uomo che si aggira tra le sue strade e osserva i passeggeri dei tram, altri che si affrettano nei pressi di piazzale Lodi, altri ancora che freneticamente acquistano all’Esselunga. Si legge di una città che fatica a comprendere l’accoglienza, che si sorprende a vedere una donna col burka che attraversa una strada a braccetto con una signora elegante ed evidentemente appartenente ad una classe sociale elevata, che si concentra unicamente a produrre vuoto, affaccendata a guardarsi la punta delle scarpe. Nessun compiacimento, si diceva, e contestualmente nessun volontarismo ideologico. Non c’è socialismo che tenga nelle impietose (ma anche ironiche, di un’ironia amara, ovviamente) pagine di Situazione temporanea. Tutto è frammentato, ognuno è un atomo privo di centro e di identità, tutti accomunati solo da un senso di estraneità che rasenta la schizofrenia: « l’altro giorno ho incontrato un albanese/ mi ha chiesto se avevo/ da accendere/ voleva parlare/ abbiamo parlato/ nella nostra diversità/ avevamo qualcosa/ da dirci». Eppur tuttavia si fa critica sociale con le armi che si possiedono. Marco Saya è poeta civile, senza spiattellarlo in faccia ai suoi lettori. Sa esserlo sottilmente, nell’unico modo in cui si può esserlo. Adotta il jazz come metro, anziché una cadenza lineare, scrive un romanzo di frammenti e di associazioni di idee, osserva quanto accade, partecipando dell’accaduto, ma conservando un’adeguata distanza critica, registra ma non supinamente. La sua scrittura è una scappatoia dagli automatismi della contemporaneità e sa esserlo con una leggerezza disarmante: il gergale non si accosta alla citazione colta per puro sfoggio letterario o per creare un tutto indistinto, utile solo a chi delle parole non sa che farsene. Piuttosto il pastiche linguistico è dosato con grande perizia: tutto è camuffato all’interno di un tono che si tiene volutamente nella mediocrità. Saya sembra costruire trabocchetti nella costruzione del verso (più che nel lessico), giocando con la sintassi così come Jaques Tati avrebbe costruito le sue gag al cospetto della grottesca modernità: insinuandosi negli interstizi delle frasi (più che delle parole), nei modi di dire comuni, decomponendoli, decontestualizzandoli, producendo un esilarante effetto straniante, una sorta di reazione chimica come all’incontro appunto di Monsieur Heulot con gli emblemi urbani della nuova metropoli. Ogni verso è in sé concluso e quasi autistico, per poi scontrarsi casualmente con il successivo. L’effetto è esilarante e nello stesso tempo amaro: «accado nel magma del passaggio./ siccome disturbo nel desueto divorio/ punta i gomiti quello che non ha il limite,/ così per caso, un bar vale l’altro,/ il dispetto sta nella resistenza,/ il cablaggio ci fortifica/ sino a esaurimento scorie». Tuttavia l’aderenza della lingua al reale è massima, tale, nel contempo, da sembrare materiale da costruzione e da restituirti intatta un’immagine dinanzi agli occhi, tramite pochi brevi segni: «quanti fili per la città/ grovigli muti/ boccheggianti dai finestrini/ orecchie incollate a pacemakers/ detriti di comunicazione/ rovinosi affanni/ appannati tra vitrei stagni/ come oblò obliati»; massimo è il grado allegorico che ne deriva: il parlare di blues, di jazz, di Miles Davis per parlare d’altro, di quanto orripilante sia diventato l’uomo.
* dal brano Trafitto dei CCCP (1985)
Luigi Metropoli è nato nel ’79 a Nocera Inferiore (SA). Si è laureato nel 2003 in Lingue e letterature straniere all’Istituto Universitario Orientale di Napoli, con una tesi su Andrea Zanzotto. Ha conseguito nel 2008 un dottorato di ricerca in Italianistica presso l’Università degli Studi di Padova, con un lavoro sulle poesie e canzoni del poeta napoletano Rocco Galdieri. Gestisce lo spazio personale http://www.vocativo.splinder.com, scrivendo principalmente di poesia, cinema, politica. È nella redazione del blog di (divulg)azione poetica LiberInVersi. Suoi scritti di letteratura, interventi, recensioni compaiono in volumi, riviste specialistiche e siti internet. È stato tra i curatori del libro Leggere variazioni di rotta. 20 poeti dal blog LiberInVersi, Le voci della Luna, 2008. Collabora con il semestrale «La Mosca di Milano».
Recensione a cura di Mauro Ferrari
Poeta migrante, anzi in un certo senso immigrato; spaesato, a modo suo flâneur in una Milano postmoderna del monologo più che del dialogo, Marco Saya giunge alla sua prova più alta con questo Situazione temporanea che ci pare un libro di notevole compattezza espressiva ma anche ricco di variazioni sul tema, strati e pieghe: un libro anarchico nelle movenze espressive ed intrinsecamente politico nelle tematiche, le quali ruotano attorno al macrotema della città e del vivere contemporaneo.
Il verso libro di Saya è veramente libero da qualunque condizionamento metrico, per cominciare: se è vero che “nessun verso è libero che chi vuol fare un buon lavoro”, nella frase poundiana, è anche da sottolineare che Saya è poeta modernissimo, con una forte attrazione per il jazz e la musicalità intrinseca del parlato. Una musicalità che si offre come affabilità, apertura verso l’espressione di sé, anche molto diretta ed esplicita, insomma tutta denotata, ma che rifiuta di cadere nel biografismo. Il frammento, in Saya, è piuttosto una condizione ineludibile che non permette alcuna ricomposizione: “‘Dove vai?'” mi chiedeva mia madre / solcata dalle rughe della paura, / “‘ancora non lo so'” (p. 7) sono i versi di incipit della raccolta, e le danno il La aprendo a un mondo di “grovigli muti” (p. 9), inquilini anonimi (p. 10), prostitute, extracomunitari, voci fuoricampo e degrado: questa Milano è una città ripresa con il gusto della rapsodia – e l’accenno alla Rhapsody eliotiana (ma anche ai tremendi Preludes) – si veda Accelerazione/decelerazione in 7/8 (p. 33).
L’esperienza, l’Erlebnis, non si fa ontologia: quella del poeta milanese è quindi una poesia tutta in orizzontale, dominata dall’attraversamento di spazi di nessuno (L’assenza / del passo, / indifferente / nella direzione”, p. 43) in cui la parola sembra sempre ricadere su di sé, non riuscire a descrivere nulla né a comunicare nulla se non una continua insuperabile alienazione. Ne è un esempio il montaggio di piano sequenza della eponima Situazione temporanea (p. 35), in cui il punto di vista è quello dell’occhio, in una temporaneità che indica provvisorietà, fluido divenire, attraversare.
Certo, per questa poesia si può usare per l’ennesima volta, e a ragione, l’aggettivo “Postmoderno”; ma l’elegia per una città anni Sessanta, o persino per un ritorno all’infanzia idilliaca (citiamo la storia inizia indietro, p. 73, uno dei vertici della raccolta) si coniuga con la sofferenza di fronte alla bruttura, e l’elegia diventa nota di ribellione, ricerca di senso: tutto questo è lontano anni luce dalla gioia anarchica postmoderna, del bricoleur che con l’eliotiano “heap of broken fragments” ha imparato a giocare, decostruire un mondo invivibile e i suoi testi, costruire realtà alternative e “quasi vivibili”. Saya sa che “ci ingrigiamo allo stesso modo” – sia nella “Milano. / oggi” (p. 14) che dovunque e comunque; e sa che qui l’Essere è un accadere quasi insensato nell’assenza di un progetto ontologico. “Accado nel magma del paesaggio” dice un verso altissimo, di quelli che davvero la poesia spara nel nulla per squarciare le tenebre.
Allora la libertà del jazz, la creatività del chitarrista che inventa tutto dal nulla indicano non tanto una via uscita – che non c’è – bensì un modo di essere, di fare resistenza.
Mauro Ferrari (Novi Ligure 1959) ha pubblicato le raccolte poetiche: Forme (Genesi, Torino 1989); Al fondo delle cose (Novi 1996); Nel crescere del tempo (con l’artista valdostano Marco Jaccond, I quaderni del circolo degli artisti, Faenza 2003); Il bene della vista (Novi 2006, che raccoglie anche la precedente plaquette). Quest’ultima raccolta è stata recensita da critici come Giorgio Luzzi, Giancarlo Pontiggia, Umberto Fiori, Fabio Pusterla, Luigi Fontanella, Alberto Toni, Tiziano Salari e molti altri. Ha inoltre pubblicato una serie di saggi di poetica dapprima apparsi sul quotidiano alessandrino Il piccolo (Poesia come gesto. Appunti di poetica. Novi 1999); i suoi saggi e riflessioni di poetica, compreso il libro precedente, sono ora raccolti in Civiltà della poesia (puntoacapo, Novi 2008).
Numerose le sue partecipazioni ad antologie e sillogi, tra cui l’antologia fiamminga della poesia italiana contemporanea Het stuifmeel van de sterren (Il polline delle stelle, a cura di Gemain Droogenbroodt, Point, Ninove 2000). È incluso con testi inediti nella monografia sulla poesia italiana contemporanea (n. 110) della rivista francese Po&sie, nell’Antologia della poesia ligure Voci di Liguria (Manni, Lecce 2007), in Vicino alle nubi sulla montagna crollata (by L.Ariano and E.Cerquiglini, Campanotto, 2008) e in molti altri lavori antologici.
Come critico ha collaborato all’Annuario di poesia Castelvecchi e si è interessato con saggi, recensioni e interventi a molti poeti contemporanei, con particolare attenzione alle ultime generazioni. In collaborazione con Alberto Cappi ha curato L’occhio e il cuore. Poeti degli anni 90, antologia dedicata alla poesia delle ultime generazioni (Sometti, Mantova 2000); ha collaborato alla silloge critica Sotto la superficie. Letture di poeti italiani contemporanei (Bocca, Milano 2004); ha curato la sezione inglese dell’antologia della poesia europea La voce che ci parla (Bottazzi, Suzzara 2005). È Presidente della Giuria nel Premio “Città di Tortona” (I edizione 2008), nella cui giuria figurano Giancarlo Pontiggia, Franco Contorbia e altri. È membro della Giuria del Premio letterario “L’astrolabio” (Pisa) e del “Guido Gozzano” di Terzo d’Acqui (AL). È Presidente della Fiera dell’Editoria di Pozzolo (II edizione, 21-22 giugno 2008).
È stato redattore della rivista milanese di poesia e filosofia margo e de L’altra Europa (Costantino Marco editore, Cosenza) e fino al 2007 direttore della rivista letteraria La clessidra, da lui fondata nel 1995. Nel settore dell’anglistica si è interessato di Conrad, Tomlinson, Hughes, Bunting, Hulse, Paulin e diversi altri poeti contemporanei. Suoi testi e interventi sono apparsi sulle maggiori riviste letterarie, fra cui Altri termini, Atelier, clanDestino, Coscienza storica, Erba d’Arno, Esperienze letterarie, Galleria, Graphie, Hebenon, Hortus, Il Cobold, Il lettore di provincia, La Rocca Poesia, Poeti e poesia, Quaderno, Steve, Testo a fronte, Testuale, Versodove, Zeta e, all’estero, Y.I.P. – Yale Italian Poetry, Yale Poetry review, Serta, Gradiva, Meja Ponte (Brasile), Po&sie (Francia), Cuadernos del matematico e Empireuma (Spagna, trad. di Emilio Coco).
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Ci sono poesie qui che sono esplicitamente ‘solfeggi’, dove il tempo batte con il verso: la parola si ritaglia nel tempo esistenziale un suo tempo musicale, frastagliato e ritmico, incalzante e percussivo. Ma poi anche questa volta è proprio nelle pause, anche in quelle della musica, che la realtà accende attraverso il dettaglio più banale la sua suggestione simbolica, che l’occhio (e il cuore) del poeta intercetta. ( Roberto Caracci )
Poesia metropolitana, milanese si potrebbe definire, in quanto Milano ne è l’ambientazione principale. Ma anche poesia della contemporaneità malata, della visione di una crisi epocale, con testi che oscillano tra il realismo più semplice e diretto, e metafore lucidamente allusive, costruite con simboli e correlativi oggettivi di grande impatto. E’ la poesia di Marco Saya che ha intitolato la sua ultima raccolta Situazione Temporanea, probabilmente alludendo alla condizione di precarietà dell’esistenza nel panorama contemporaneo. ( Marco Tabellione )
La poesia, in Situazione Temporanea, segue un po’ il ritmo di un concerto improvvisato: pratica difficile e adatta solo a chi dispone di una mano e di un orecchio sempre all’erta. E un concerto, il libro di Saya lo contiene davvero. Si intitola concerto in minuscolo punteggiato, testo che idealmente prosegue con una serie di solfeggi, pause, accelerazioni e decelerazioni, e addirittura riff. ( Paolo Valentino )
Altre recensioni:
http://www.libriconsigliati.it/2010/11/situazione-temporanea-di-marco-saya/
http://www.ilrecensore.com/wp2/2010/06/situazione-temporanea-di-saya/
http://www.mangialibri.com/node/8359
Raccolta Vincitrice della X Edizione del Premio Carver per la sezione poesia 2010
http://www.prospektiva.it/carver.htm
Raccolta vincitrice della XXIV Edizione del Premio Nuove Lettere 2009
http://www.culturacampania.rai.it/site/it-it/Almanacco_della_Cultura/Eventi/eventi/lettere.html
Segnalata al Premio Montano 2009:
http://www.anteremedizioni.it/xxiii_edizione_opera_edita_poeti_menzionati_segnalati_finalisti_e_vincitori
http://www.anteremedizioni.it/montano_edizioni_esiti_22_edizione_una_poesia_inedita
http://www.anteremedizioni.it/xxiv_edizione_premio_lorenzo_montano_esiti_poesia_inedita
grazie d’aver visitato il mio blog. sto cercando come fare a sottoscrivere il suo, ma per ora non trovo il bottone. lo troverò. sandro
Interessante il suo Blog,Sandro. vedo che cita una poesia di Rabissi che conosco personalmente. Sono ancora inesperto per quello che riguarda la piattaforma wordpress essendo appena migrato da Splinder. vedrò di rimediare al più presto per il ” bottone”.
Un saluto
Marco
grazie per la risposta. circa la poesia di Rabissi in realtà ne ho citate due. Una che mi è piaciuta e una che mi è piaciuta meno. Il provero Rabissi, che non conosco e col quale mi scuso per interposta persona, visto che lo conosce, è stato preso da me ad esempio di un modo di poetare ancora, se vogliamo, sotto un potente influsso ermetico. Il linguaggio si fa oscuro, pieno di riferimenti evocativi o personali. Sono convinto, al contrario, che questa sia un’epoca nella quale chi scrive deve sforzarsi di rendersi comprensibile, senza che questo, ovvio, significhi banalità o superficialità. Non so più chi mi diceva che quando uno “sa” una cosa, anche la più complessa e tecnica o personale, riesce a spiegarla anche in dialetto, intendendo con questo che ogni cosa deve poter essere ridotta ad un linguaggio piano, comprensibile, appunto. Rabissi in una sua lirica a mio giudizio era troppo oscuro, mentre in una seconda, altrettanto bella, era chiaro, diretto, a strati di significato come insegnava Dante. un saluto Sandro
Sì, condivido, Sandro, la sua analisi del testo. aggiungo che nella prima poesia di Rabissi potremmo, forse, parlare di una “natura antropologica” che si sovrappone e si sostituisce all’io poetico, tipica di parte della poesia contemporanea, una poesia immaginifica che interagisce tramite i suoi elementi con il disincanto umano in ampie metafore/note di sonora musicalità. ( ho semplificato ma potremmo sviluppare assieme questa tematica)
Marco
Ciao Marco! Ho visto che hai deciso di seguire gli altri followers sul mio blog. Sono molto contenta che tu mi abbia scelta. Grazie!
Benvenuto su WordPress … vedrai che la gestione è facile, se ce la faccio io …;)
A presto.
Marisa
Ciao Marisa, molto stimolante il tuo blog, mi ci soffermerò con attenzione.
Ben trovato, ho ricevuto la notifica da WordPress per la tua scelta di ‘seguirmi’. Grazie per la fiducia.
Ciao Angelo, il tuo blog si caratterizza per l’impostazione alla riflessione, l’ho guardato rapidamente, al rientro dalle ferie natalizie passate in famiglia presterò attenzione ai tuoi post.
Grazie per la visita al mio blog. Con calma leggerò il Suo. Nel frattempo l’ho sottoscritto.
Non considero le mie quali “poesie”…sono solo espressioni di attimi che mi procurano delle emozioni…ma spero che comunque piacciano…
Loredana
Gentilissima Loredana, è importante scrivere come fondamentale è la lettura. il discorso sulle emozioni è sempre molto soggettivo. il fine della poesia dovrebbe essere, a mio modesto avviso, una generale condivisione del tempo che si vive. io ho una visione montaliana della poesia, un approccio più filosofico, l’estenuante ricerca delle eterne risposte alle eterne domande. leggerò le sue liriche con piacere.
Marco
“io ho una visione montaliana della poesia, un approccio più filosofico, l’estenuante ricerca delle eterne risposte alle eterne domande.” Non e’ cosi’ che la vita andrebbe vissuta? Nella poesia ritrovo quel che a volte mi sfugge di me stessa; detto da altri improvvisamente prende forma, senso e mi ricorda dove sto andando. Questioni incluse, ovviamente.
certo, ciascuno di noi trova ( se le trova ) le proprie direzioni. Ho sempre adorato Montale,la sua ironia, la sua ricerca nel comportamento umano e nella sua storia.
Complimenti per il talento artistico (dalla poesia alla musica), per le numerose pubblicazioni e per i vari premi sicuramente ben meritati. Bello il paragone tra la poesia e il jazz. Grazie per aver scelto di seguire il mio blog. Ciao, Annita
Grazie per il passaggio e benvenuta. amo molto il jazz, la libertà dell’improvvisazione che spesso in poesia non c’è perchè le gabbie della metrica intrappolano i suoni/parole, un discorso molto complesso. al ritorno dalle ferie natalizie voglio affrontare questo rapporto tra note e versi con un breve saggio, giusto per fare una breve riflessione.
Un saluto
Marco
grazie per aver considerato il mio blog (forse non ancora nato!) degno di essere seguito. Seguirò con interesse il tuo.
luciana
Sono interessato a leggere una poesia che ricerchi una propria caratterizzazione e non è facile di questi tempi all’insegna dell’omologazione generale o di un pensiero/verso unico.
Grazie a Lei, che ha sottoscritto il mio blog, ho avuto la possibilità di scoprire il Suo, davvero interessante e che seguirò con attenzione.
Saluti
Fra
Grazie Fra, a rileggerci!
Ho visto che ha iniziato a seguire il mio blog,nonostante non mi conosca. La ringrazio!^^
Passerò a dare un’occhiata al suo ogni volta che mi sarà possibile,penso infatti che la poesia sia una bellissima forma d’arte.
Saluti
Seguo un pò di tutto, non solo poesia ma anche tutto ciò che riguarda la scrittura in generale, musica jazz, politica, attualità, filosofia…
Ciao ti ringrazio di seguire il mio blog verrò a trovarti sulle tue pagine. Alla prossima…
Complimenti per il blog, ammetto di non essere portato per la poesia (in fase di scrittura) perchè penso sia difficile trovare l’ispirazione in un particolare che qualcuno giudicherebbe ordinario.
Credo che sia un po’ come la fotografia, tutti sono in grado di fotografare un bel fiore ma pochi sono in grado di farlo apparire meraviglioso.
l’uso della parola è importante per descrivere un particolare “ordinario”, un pò come scegliere una nota musicale al posto giusto e nel momento giusto. Alla fine la ricerca della semplicità è molto più complessa di quanto potessimo pensare e spesso si tende a ricadere nel vuoto effettismo del verso.
Ha deciso di seguire anche il mio blog..sono contento per questo. Sto leggendo alcune delle sue poesie. Mi piacciono molto, a presto.
Andrea.
Benvenuto Andrea!
mi fa piacere il suo passaggio da me, sono arrivato tardi alla poesia dopo 7 anni in fonderia e 30 in forneria (dove ci sto tuttora e chissà per quanto ancora) pani di ottone e di farina, anche la poesia è pane no?.
assolutamente sì! e poi non esiste un’età per la poesia…
Grazie per la visita! È un piacere conoscere chi condivide le proprie passioni.
Complimenti per gli Haiku, ironici e incisivi.
Grazie, queste parole mi hanno reso molto orgoglioso. Ultimamente ho addirittura pensato di raccoglierli e provare a proporre ad un editore una loro pubblicazione, anche se dubito che possano avere molto mercato. Chissà…
Il problema del mercato è quello di raggiungere il lettore/lettore e non solo il lettore/autore, almeno per quel che riguarda la poesia. essendo anche un piccolo editore ne so qualcosa… 😉
Buongiorno, grazie per la tua visita e per la tua sottoscrizione, non so se dire ‘è un onore’ ma comunque mi fa molto piacere. 😉
Mat
Mi occupo di poesia ma questo non significa che non legga altre scritture, benvenuto. 😉
Grazie per la sottoscrizione al mio blog e buon cammino reciproco tra le nostre pagine.
edoardo
Buona poesia! 😉
ciao Marco… tanto ti auguro tanti in bocca al lupo e poi ti ho invitato nel mio gruppo di fb “poesia narrativa”, perche’ non mi vieni a trovare? fabio martini
Ciao Fabio, ok, passerò a trovarti con piacere.
Gracias Marco, es un placer tenerte como amigo. Por mi parte también me engancharé a tu blog. bss
Bienvenida!
Ho visto con grande piacere che “poesiaoggi” risulta tra i follower di “EvArmonica”, il mio blog personale… E’ un grande onore per me e spero che la mia passione possa continuare a trasmettere qualcosa a chi mi segue, voi compresi! 😉
Grazie a te e benvenuta!
grazie per l’aggiunta; ci si ritrova da ex splinderati, in bocca al lupo.
Sì, ho recuperato un pò di ex su cui mi soffermavo.
benvenuto.
ricambio .
Grazie a te!
Ciao Marco, siamo Debora e Laura e scriviamo per il nostro piccolo Blog SEDEVODIRLATUTTA.
Ci è stato dato il “premio” di “Versatile blogger” e noi lo vorremo conferire a te 🙂
a questo link trovi tutto. (ora tocca a te passare la palla)
http://sedevodirlatutta.wordpress.com/2012/02/19/siamo-versatile-bloggers/
CIAO!!!
Grazie Debora e Laura, siete davvero gentili, leggerò le regole.
Mi sono innamorata del micione della foto! Che bel patato 😀
un patato di circa 8 chili! 😉
8 chili di pelosità, che bello 😀 Io ho un coniglio invece 😀 Comunque amo la musica Jazz e i vilini. Bel blog!
Grazie per il passaggio, sì, il Jazz, da sempre un grande amore che ben s’intona con le parole…
Buonasera Marco, son passata per lasciare un saluto … un sorriso … Luli
Buona serata Luli, grazie per il graditissimo passaggio.
E’ un grande onore per me essere seguita da te… Spero che i miei scritti, dettati dalla poca esperienza ma da una grande passione, possano piacerti. Grazie mille 🙂
una bella scrittura sciolta, disinvolta, mi piace.
wow che bel complimento grazie 🙂 🙂
Buongiorno Marco, la ringrazio per aver visitato il mio blog! Ora mi metto a spulciare nel suo sito (che sarà, senza dubbio, interessante).
La saluto e mi raccomando, dia una carezza al suo micione da parte mia…è una meraviglia!
Buona giornata!
Buongiorno,
il suo blog è spiritoso, mi piace l’ironia. Il micione sentitamente ringrazia per le carezze.
mi fa piacere che tu abbia seguito il mio blog, in cui mi occupo di varie passioni, tra queste ovviamente la scrittura. Non sono propriamente un poeta ma ne ho scritte diverse, mi tengo in esercizio 🙂 anch’io sono un ex splinderiano passato da poco con soddisfazione a wordpress. Mi spiace solo per quegli amici quasi dispersi, anche se per fortuna ne sto trovando pure qui
sì, diversi splinderiani li ho ritrovati anch’io e la piattaforma wordpress è sicuramente tutt’altra cosa! 🙂
ti faccio tanti complimenti per le tue belle poesie. Il mio romanzo di narrativa è stato pubblicato da nulla die l’anno scorso, ma non nego che provo a cimentarmi con le poesie, che considero una forma letteraria più intima.. con stima, alle prossime
Grazie per la paziente lettura, la scrittura poetica è sempre qualcosa di complicato, la decifrazione è spesso soggettiva, ci si prova! 😉
Ciao! Grazie per aver iniziato a seguire il mio blog 🙂
Un piacere!
La ringrazio molto per l’interesse nel mio blog. Mi sento lusingata…
è sempre un piacere leggere di libri e poesia…
buongiorno marco, non sono in grado di scrivere, ma adoro “trovarmi” tra le pagine di un libro, e spero che questa mia malattia sia contagiosa……carlotta
Buongiorno Carlotta, sì è una malattia contagiosa, vedendo il suo ultimo post consideravo il fatto di aver appena riletto l’antologia di Spoon River, benvenuta!
Buongiorno, la ringrazio per avere iniziato a seguire il mio blog! 🙂
Grazie a Lei!
Un caro saluto di benvenuto.
La mano sinistra è un aggravante, specie se si usa l’inchiostro.
Blog e avventura editoriale assolutamente meritoria.
Francesco
Grazie Francesco, sì mi ricordo quando usavo l’inchiostro e la carta assorbente, un autentico disastro. per fortuna c’è word, così si disampara del tutto a scrivere anche con una modesta bic. l’avventura editoriale è stata una bella scelta, ponderata naturalmente da anni. vediamo come va …, l’avvio promette bene.
Ciao Marco, complimenti per il blog, è molto professionale e mirato (il mio invece è un po’ confusionario, proprio come me 😛 ) ti contatto oggi perché vedo che ti occupi di scrittura, e volevo dirti che io sono ( o cerco di essere) una scrittrice. Ho pubblicato il mio primo romanzo e ci sarà una presentazione l’8 ottobre a Napoli. So che ti occupi principalmente di poesie, ma spero che riusciamo comunque a capirci… l’evento è descritto qui, https://occidentecomeedipo.wordpress.com/2015/10/04/presentazione-del-romanzo-walnut-tree-walk-di-dalila-porta/
Qualora avessi la possibilità di venire, mi farebbe piacere incontrarti. Ti ringrazio per l’attenzione,
Dalila
Grazie Dalida, io vivo a Milano. A breve dovrò venire a Napoli perché come editore mi occupo ora di una rivista letteraria con sede proprio a Napoli, per cui sicuramente avremo l’occasione di incontrarci e scambiare due parole. Marco
Grazie mille Marco, spero di sentirti presto 🙂
Grazie per aver visitato e deciso di seguire il mio blog, ne sono felice. 🙂